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Come l’andamento dell’economia cinese influenza i mercati europei?

06/06/2024 - (m.d.c.) – La rassegna “Riflessioni di economia e geopolitica” si è chiusa ieri, mercoledì 5 giugno, a Trento con un seminario sul ruolo della Cina nell’economia globale. L’iniziativa, promossa da Trentino Sviluppo in collaborazione con Banca per il Trentino-Alto Adige, ha visto protagonista l’esperto newyorchese Daniel Rosen, professore associato aggiunto della Columbia University, che dal 1992 studia l’economia del dragone, le dinamiche commerciali asiatiche e le relazioni tra Cina e Stati Uniti. A dialogare con lui sono stati il professor Michele Andreaus del Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Trento e il presidente di TLSG International Advisors, già direttore esecutivo del Fondo Monetario Internazionale a Washington Arrigo Sadun.

Rosen – fondatore di Rhodium Group, affiliato a numerosi think tank focalizzati sull'economia internazionale e membro del Council on Foreign Relations e del National Committee on US-China Relations – ha spiegato: «Mi occupo di Cina da trent’anni e sono tra quelle persone che hanno salutato con favore il loro passaggio dall’economia pianificata all’economia di mercato e che si sono impegnate per far entrare Pechino nell’Organizzazione mondiale del commercio. Adesso, però, lo scenario è cambiato».
Da dieci anni a questa parte, infatti, la Cina non cresce al ritmo ipotizzato. Senza contare il fattore pandemia. «Durante il Covid, la Cina non è cresciuta. E i magazzini si sono riempiti di prodotti, che ora, con la ripresa del commercio, inondano i mercati europei».
Per “limitare i danni”, secondo l’economista americano, bisogna quanto prima – magari già durante il G7 della settimana prossima in Puglia – che i Paesi europei e più in generale occidentali facciano quadrato intorno ai propri produttori, in un richiamo a una nuova politica dei dazi che non è mai esplicito ma funge da filo conduttore del discorso. Manifesto è invece il plauso di Rosen per l’uscita dell’Italia dalla “Via della Seta”. «Un progetto – dice – che avrebbe apportato più benefici alla Cina stessa in forma di aiuti allo sviluppo che non a voi europei».
Alle presidenziali americane del prossimo novembre guarda poi Sadun, che sottolinea: «Secondo le ultime stime, se i democratici restassero al potere, l’economia americana nei prossimi anni crescerebbe poco, circa del 2%. Se invece vincessero i repubblicani, la crescita potrebbe essere tra il 4 e il 5%. Quello che è certo è che, a prescindere dal nome del prossimo presidente, bisogna che l’Occidente costruisca un nuovo ordine economico». Quanto al rapporto tra Washington e Pechino, evidenzia come si tratti di una relazione basata in parte sulla competizione e in parte sulla necessità di cooperare. E dunque invita a cercare di trovare l’equilibrio. Ma anche a non perdere l’ottimismo, nonostante l’incertezza geopolitica, economica e sociale dei tempi che stiamo vivendo.

Immagini ed interviste a cura dell’Ufficio stampa

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