Trentino Sviluppo

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Industria 4.0, la rivoluzione digitale sta trasformando il mondo

La ragione principale dell’esistenza di una azienda, nonché la misura del proprio successo, è correlata alla capacità di realizzare prodotti o servizi utili e innovativi. In questo contesto, la trasformazione digitale costituisce la pietra angolare su cui ancorare ed abilitare il percorso di rinascimento industriale in chiave 4.0.
Ma cosa si intende esattamente con l’espressione “Industria 4.0”? Con essa si fa riferimento ad un modello di produzione e gestione aziendale che consiste nella creazione di valore aggiunto grazie alla digitalizzazione dell’industria attraverso la connessione intelligente (smart) di uomini, macchine e dispositivi per la coordinazione tra i sistemi.

Le nuove tecnologie digitali, secondo quanto emerge da un rapporto della multinazionale di consulenza McKinsey, avranno un impatto profondo nell’ambito di quattro direttrici di sviluppo: la prima riguarda l’utilizzo dei dati, la potenza di calcolo e la connettività, e si declina in Big Data, Open Data, Internet of Things, Machine-to-Machine e Cloud Computing per la centralizzazione delle informazioni e la loro conservazione. La seconda è quella degli Analytics: una volta raccolti i dati, bisogna ricavarne valore. Oggi solo l’1% dei dati raccolti viene utilizzato dalle imprese, che potrebbero invece ottenere vantaggi a partire dal “machine learning”, dalle macchine cioè che perfezionano la loro resa “imparando” dai dati via via raccolti e analizzati.  La terza direttrice di sviluppo è l’interazione tra uomo e macchina, che coinvolge le interfacce “touch”, sempre più diffuse, e la realtà aumentata. Infine c’è tutto il settore che si occupa del passaggio dal digitale al “reale” e che comprende le cosiddette “tecnologie abilitanti” come la manifattura additiva, la stampa 3D, la robotica, le comunicazioni, le interazioni machine-to-machine e le nuove tecnologie per immagazzinare e utilizzare l’energia in modo mirato, razionalizzando i costi e ottimizzando le prestazioni.
I benefici attesi dall’applicazione di queste tecnologie sono numerosi e spaziano dalla maggiore flessibilità attraverso la produzione di piccoli lotti ai costi della grande scala fino alla maggiore velocità dal prototipo alla produzione in serie attraverso tecnologie innovative. Si possono ottenere inoltre maggiore produttività attraverso minori tempi di set-up, riduzione di errori e fermi macchina, migliore qualità e minori scarti mediante sensori che monitorano la produzione in tempo reale ed una maggiore competitività del prodotto grazie all’utilizzo delle funzionalità derivanti dall'Internet delle cose. 

La portata di quella che viene spesso definita anche come “Quarta Rivoluzione Industriale” è dunque enorme, o meglio come spesso si dice è “disruptive”, cioè dirompente. 

E di questo cambio di paradigma epocale la provincia di Trento si propone come uno dei protagonisti principali. Soprattutto per quanto riguarda l’innovazione in campo di additive manifacturing e di manifattura avanzata, il Trentino rappresenta non solo il fiore all’occhiello dell’industria nazionale ma può senz’altro dire la propria anche a livello internazionale, contribuendo in modo decisivo a sviluppare il comparto. Il Polo Meccatronica di Rovereto, l’Università di Trento, la Fondazione Bruno Kessler, solo per citare i centri maggiori, costituiscono poli di eccellenza di quello che rappresenta un settore strategico per lo sviluppo economico del territorio, supportato da azioni volte a favorirne la crescita anche all’estero.

Tra queste c’è la partecipazione alla Hannover Messe, fiera internazionale in programma dall’uno al cinque aprile 2019, per partecipare alla quale Trentino Sviluppo ha promosso una missione commerciale che permetterà a cinque imprese trentine del settore di farsi conoscere in questa vetrina d’eccellenza e di partecipare ad un apposito percorso di accompagnamento.
A parte questa ed altre rare eccezioni, la maggior parte delle imprese italiane tuttavia è ancora impreparata di fronte alla nuova sfida e rischia di partire svantaggiata nei confronti dei concorrenti esteri. In uno scenario internazionale in cui diversi governi hanno già varato piani per la digitalizzazione del comparto manifatturiero, oggigiorno solo le medie e grandi imprese italiane hanno iniziato ad investire in tecnologie come Internet of Things, Big Data e Cloud computing, sistemi di produzione automatizzati (Advanced automation), dispositivi wearable e nuove interfacce uomo/macchina (Advanced Human Machine Interface) o stampa 3D (Additive manufacturing), mentre le PMI, che costituiscono il 98% del tessuto imprenditoriale italiano, hanno solo marginalmente agganciato la trasformazione in atto.

Dopo anni in cui è emersa l’assenza di una visione strategica a livello nazionale, si è tentato di correre ai ripari solo nel 2016 con il piano del governo per l’Industria 4.0, un mix di incentivi fiscali, sostegno al venture capital, diffusione della banda ultralarga, formazione dalle scuole all’università con lo scopo ultimo di favorire e incentivare le imprese ad adeguarsi e aderire pienamente alla quarta rivoluzione industriale.

Nel 2017 il programma ha cambiato nome: non più solo Industria 4.0, ma Impresa 4.0, per sottolineare l’intenzione di guardare anche ai servizi, un settore  con elevato potenziale di digitalizzazione. L’attuale governo giallo-verde ha voluto porre l’accento su questa evoluzione ed ha attuato un cambio di direzione mirato a favorire le piccole e medie imprese invece delle grandi aziende, principali oggetto degli incentivi messi in atto dal precedente governo, introducendo alcune modifiche nella nuova Legge di Bilancio 2019 tra le quali più significativa è l’introduzione di un contributo a fondo perduto per agevolare l’inserimento nelle PMI dell’Innovation Manager. Il ritardo da colmare, infatti, non è tanto sulle infrastrutture quanto sul capitale umano: mancano manager e professionisti con le qualifiche adatte. 

Ciò che è in grado di determinare il successo sul mercato attuale è la mentalità flessibile e orientata al cambiamento. Se anche le PMI italiane vogliono affollare la rosa delle imprese all’avanguardia devono abbandonare la visione di un’azienda che opera a compartimenti stagni e che solo alla fine “mette insieme” i risultati conseguiti dai vari dipartimenti interni, a favore di una visione aziendale che invece integri tecnologie, team di lavoro e strategie di business.


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